Pietre coti
La storia delle pietre coti affonda le sue radici in epoche lontanissime: risale infatti al II millennio a.C. uno dei più antichi reperti per affilatura finora ritrovati, una cote conservata al Museo Egizio di Torino. Testimonianze sulla produzione italiana delle "aquaries cotes" (cioè di “pietre coti che con
sola acqua danno un taglio eccellente”) giungono anche dall'epoca romana, nel I secolo d.C., ad opera di Plinio il Vecchio. In tal senso si tramanda che le cave fossero già utilizzate in epoca romana, permettendo la formazione di primordiali nuclei abitativi.
Specialmente nella cosiddetta valle dei prigionieri (nei pressi del santuario della Forcella) venivano inviati appunto dei prigionieri addetti all’estrazione ed alla lavorazione delle suddette pietre. In tal senso sono tutt’ora ben visibili grandi ammassi di pietre che altro non sono che gli scarti delle lavorazioni stesse accumulate nel corso dei secoli. Questo materiale, venne esportato e conosciuto in tutto il mondo, tanto da far guadagnare agli abitanti del paese il soprannome di coderocc, ovvero i cavatori di pietre. La tradizione minatoria nei secoli si è consolidata, rimanendo intatta fino all’immediato dopoguerra, quando l’utilizzo delle pietre coti andò sempre più diminuendo. Ed anche Pradalunga, che fino ad allora si era ritagliata uno spazio rilevante nel commercio di quel materiale, ridimensionò sempre più le proprie attività, fino a farle sparire sul finire del XX secolo. Di questo passato restano le abitudini degli anziani e le tradizioni legate a santa Barbara, patrona dei minatori, in occasione della cui ricorrenza si svolgeva una grande festa.
Museo Laboratorio delle pietre coti
È inoltre presente il Museo Laboratorio delle pietre coti di proprietà comunale, in cui sono raccolti strumenti di lavoro, testi e documenti volti a conservare la memoria storica del piccolo paese. Da secoli a Pradalunga l’arte dell’escavazione e della lavorazione della pietra cote è tramandata di padre in figlio. Il Laboratorio Museo è stato gestito fino al 2023 dalla Ligato Fratelli F. & M. s.n.c. che, continuando la secolare produzione di famiglia delle storiche ditte Gavazzi e Piccinini, ha conservato strumenti, oggetti e reperti storici della lavorazione originale. Il Museo è ora di proprietà comunale e mostra, nelle sale allestite nell'antico opificio e con uno sguardo a ritroso nel tempo, le diverse fasi di lavorazione specifiche dell’industria delle pietre coti, nelle quali erano impegnati centinaia di addetti. Il Museo custodisce una rara raccolta di pietre utilizzate nel mondo per l’affilatura di utensili da taglio; una doviziosa collezione di pietre coti provenienti dalle diverse cave del territorio Bergamasco; falci e falcetti di diverse forme e dimensioni utilizzati in nazioni europee ed extraeuropee.
Le coti di Pradalunga sono composte da un'equilibrata mescolanza di minerale "duro" derivante dai resti di organismi a scheletro siliceo e di un minerale "tenero" cementante. E’ questo amalgama che le ha rese famose, consentendo una perfetta affilatura delle lame senza mai rovinarle, né consumarle eccessivamente.